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NON PAGO MAI

Mi  chiamo Marco, ho ventinove anni, faccio l'agente di commercio, viaggio molto per lavoro e non pago mai gli alberghi. Come faccio? Ho un sistema; intanto sfrutto ciò di cui la natura mi ha dotato: un bell'aspetto, un fisico atletico, un certo fascino e una discreta eleganza, tutto questo applicato a un metodo infallibile che uso ormai da anni. Il mio lavoro mi porta sempre a dormire fuori in una manciata di città, sempre le stesse. In ognuna di queste città ho individuato un albergo che abbia una caratteristica precisa, fondamentale per la riuscita del mio procedimento di risparmio. E quale è la caratteristica che ricerco, mi chiederete? Semplice: la proprietaria dell'albergo. Ogni hotel che ho scelto in cui pernottare quando mi sposto, è di proprietà di una donna, ma non di una donna qualsiasi: una donna che soddisfi alcuni requisiti. Intanto deve essere sola, oltre la quarantina, meglio se sui cinquanta, abbastanza poco piacente da essere lusingata dal mio interesse, m

LA FAMIGLIA DI LAURA (esercizio di scrittura)

  La famiglia di Laura era una famiglia infelice. Sua madre era una donna depressa; la sua depressione, a volte, la faceva diventare una persona diversa. Quando stava bene, era allegra, divertente ed era presente con sua figlia. Uscivano insieme, ridevano, coltivavano degli interessi in comune. A entrambe piaceva leggere, degustare piccole squisitezze per colazione e amavano i fiori, ma quando c’erano i momenti no, invece, quella donna diveniva l’opposto di quello che era di solito e in tutta la casa piombava una coltre di tristezza caliginosa che incupiva gli animi di tutti. Il padre di Laura, invece, era una persona burbera e apparentemente assente. Il lavoro, la situazione della moglie, tante cose che Laura non sapeva, lo rendevano agli occhi della figlia, quasi un estraneo; uno che non si era mai occupato di lei e della casa e col quale la ragazza non aveva e non avrebbe mai potuto avere un bel rapporto. Una mattina, il padre bussò alla porta di Laura per svegliarla. Entrò

OMBRE

  Una mattina d’estate l'ombra di Kurumi si separò dal suo corpo Kurumi aveva letto un libro occidentale dove c’era un bambino che si era separato dalla sua ombra, ma probabilmente non era la stessa cosa. Quella mattina si era alzata presto. Era caldo e era uscita in strada per vedere se sua madre fosse andata ai lavatoi. Fra poco sarebbe andata al mercato e nel pomeriggio si sarebbe trovata con le amiche per andare al fiume a rinfrescarsi. Era un agosto veramente caldo e, anche se era presto, il sole bruciava e formava ombre lunghissime sulla strada e sulle pareti delle case. Non avrebbe mai immaginato che la sua ombra sarebbe restata ferma, immobile, appoggiata a un muro di pietra, vicino al quale stava passando, correndo felice. Non mentre il suo corpo in cenere se ne andava nel vento. Non quel 6 agosto a Hiroshima.

LE NUVOLE

  Le nuvole viste dall'alto non sembrano così morbide. Tutti i bambini da piccoli sognano di volare. Di volare con la fantasia, non con gli aeroplani. L'aereo è un mezzo: serve ad andare da un posto all'altro, non serve a volare. Il volo è un'altra cosa e anche le nuvole. Gli aeroplani hanno ucciso la nostra innocenza e allora io resto a terra, dirigo in su la punta del mio naso e mi immagino, mentre salto sulle mie nubi di gommapiuma e zucchero filato. Speriamo non passi nessuno con ali di metallo a stracciarmele e buttarmi di sotto; ci sono un paio di persone che lo farebbero volentieri, ma loro le nuvole non le hanno mai assaggiate.

IL ROMPI

Eccolo. Mi ha visto. Ora verrà al tavolino e mi attaccherà il solito bottone. Infatti, mi vede da lontano, si dirige verso di me, si siede e inizia a raccontarmi ancora una volta dell’infestazione, di quei maledetti parassiti, dei danni che facevano, di come abbia dovuto intervenire energicamente. Quando lo racconta si descrive come un grande uomo che ha preso in mano una situazione e di come, con il suo intervento, abbia provato a liberarsi da quegli esseri striscianti. E parla con un piglio eccessivo, urlando e agitando le mani in aria. Mi racconta di come tutti lo considerassero una gran persona, di quanto fosse amato e di quanto avesse cercato di fare il massimo per la sua gente. Poi, per fortuna arrivano loro. “ Signori, l’ora d’aria con pausa al bar è finita: tornate ognuno al vostro girone. Benucci, con i lussuriosi. Hitler scelga pure: per lei uno vale l'altro.”

SASSI (esercizio di scrittura)

  Rodrigo andava spesso a passeggiare sul fiume. Non gli piaceva il fiume e neanche passeggiare, però lo faceva lo stesso perché non aveva molto altro da fare nelle giornate solitarie a cui stava iniziando ad abituarsi, dopo quel giorno di quasi un anno prima. Quando era sulla riva sassosa di quel fiume che scorreva non troppo lentamente vicino a casa sua, Rodrigo dopo un po’ cambiava modo di annoiarsi, smettendo di passeggiare e iniziando a guardare i sassi che calpestava camminando. Non trovava mai pietre interessanti, né belle. Quelle che attiravano la sua curiosità, alla fine, si rivelavano solo pezzi di rifiuti arrotondati e smussati dal lungo rigirarsi nel flusso dell’acqua. Dopo un paio d’ore di noia, tornava a casa e accendeva la televisione. E così fece anche quella sera. Il televisore era acceso su un canale a caso, tanto Rodrigo si era buttato come al solito sul divano, senza degnare i programmi in onda di troppa considerazione. A un certo punto apparve sullo schermo u

COME PESCI NEL MAR ROSSO (incipit romanzo)

  Capitolo 1 “ Carlo! Vieni a giocare con noi, non stare sempre con le femmine!” Un bambino di circa cinque anni, stava richiamando un amichetto di asilo, affinché rientrasse nel gruppo dei maschi. L’altro, quello a cui era rivolta la richiesta, si chiamava Carlo Rastelli e preferiva passare il suo tempo in compagnia di Irene Romagnoli, una coetanea, vicina di casa e, in quel momento, anche compagna di scuola materna. I due bambini, Carlo ed Irene, si conoscevano praticamente dalla nascita e non c’era stato giorno, eccetto quelli in cui erano stati malati, o erano stati portati da qualche parte dalle rispettive famiglie, che non avessero passato insieme. Si consideravano a vicenda, ognuno il migliore amico dell’altro, “ Irene, vuoi che ti prendo la bambola quella grande e giochiamo a mamma e papà?” “ Va bene, però io sono la mamma e tu il signore del negozio e noi veniamo a comprare le cose.” “ E il papà chi è?” “ Il papà non c’è, tanto quella che importa è la mamma.” “