NON PAGO MAI

Mi chiamo Marco, ho ventinove anni, faccio l'agente di commercio, viaggio molto per lavoro e non pago mai gli alberghi. Come faccio? Ho un sistema; intanto sfrutto ciò di cui la natura mi ha dotato: un bell'aspetto, un fisico atletico, un certo fascino e una discreta eleganza, tutto questo applicato a un metodo infallibile che uso ormai da anni. Il mio lavoro mi porta sempre a dormire fuori in una manciata di città, sempre le stesse. In ognuna di queste città ho individuato un albergo che abbia una caratteristica precisa, fondamentale per la riuscita del mio procedimento di risparmio. E quale è la caratteristica che ricerco, mi chiederete? Semplice: la proprietaria dell'albergo. Ogni hotel che ho scelto in cui pernottare quando mi sposto, è di proprietà di una donna, ma non di una donna qualsiasi: una donna che soddisfi alcuni requisiti. Intanto deve essere sola, oltre la quarantina, meglio se sui cinquanta, abbastanza poco piacente da essere lusingata dal mio interesse, ma non così poco da rendermi difficile mostrarglielo. Una notte di sesso e la mattina riparto, riposato, soddisfatto e senza spendere una lira. Ormai sono cliente, anzi ospite, fisso, di cinque strutture in cui passo almeno una volta al mese nei miei giri di rappresentanza, ognuna delle quali con una signora che è felice di avermi al suo interno. Anche della struttura. C'è Gianna, che è la più carina. Da lei vado volentieri, perché potrei quasi andarci anche pagando la stanza, con un po' di sconto, magari. Marianna e Carmela sono un po' più attempate, ma tutto sommato accettabili, non un granché, specialmente Marianna, che infatti non è mai stata sposata, a differenza di Carmela che è divorziata, e la sua esperienza pregressa la sa dimostrare nei fatti. Poi c'è Antoaneta, che non ho capito se un marito lo abbia mai avuto o se lo ha tuttora, ma se c'è, di sicuro l'ha lasciato a Bucarest. Lei è la più giovane, ma anche la meno piacente, però credo che abbia un passato nella nazionale di ginnastica del suo paese o roba simile e questo le dà qualche punto in più. Infine c'è Renata. Bella donna, ma non mi ha mai voluto dire quanti anni abbia. Secondo me, anche se non li dimostra, supera i cinquanta ed è l'unica sposata, ma il marito gestisce un altro albergo di famiglia e quindi non c'è mai. Nella città di Renata, mi capitava di passarci sempre più spesso; ultimamente ci prendevo qualche appuntamento in più, perché nel suo albergo il soggiorno è molto piacevole. Sarà il topper, sarà l'ottima osservanza delle regole dell'hotellerie... O più probabilmente sarà che Renata vale il viaggio, infatti anche ieri mattina sono arrivato da lei, pieno di aspettative, sia per l'appuntamento che avevo il pomeriggio, sia per quello del giorno dopo, sia per tutto quello che ci poteva essere in mezzo tra l'uno e l'altro. E qui è arrivato il mio primo intoppo in una serie di pernottamenti gratuiti con benefici, che scorreva ininterrotta fin da quando l'avevo iniziata. Renata mi accolse freddamente, con fare imbarazzato e nervoso. «Buongiorno, signor Castelli. Bentornato da noi. La stanza è già pronta, se vuole accomodarsi per il check-in, alla reception c'è Carlo, mio marito. Non credo che vi conosciate». Nel dirmi questo, mi mise un bigliettino in mano. La situazione già, iniziò a sembrarmi pesante. Che ci faceva qui, adesso, quel cornutone? I miei piani iniziavano a scricchiolare, ma non era ancora detta l’ultima parola. Tutto dipendeva da cosa c'era scritto nel biglietto, magari il cervo sarebbe andato via fra poco e non c'era da preoccuparsi; giusto dover mantenere una parvenza di distanze da Renata, per un po', dopodiché si sarebbe svolto tutto come da copione: camera, doccia, Renata, doccia, dormita e saluti. D'altra parte, mi chiamo Marco, ho ventinove anni, faccio l'agente di commercio, viaggio molto per lavoro e non pago mai gli alberghi.

Il biglietto diceva di incontrarsi dopo mezz'ora fuori dall'hotel, vicino all'edicola. Renata aveva da spiegarmi delle cose, ma aveva pochissimo tempo per farlo, quindi dovevo essere puntuale. Dopo il check-in con lo stambecco, andai in camera velocemente, gettai la valigia vicino al letto, mi sciacquai la faccia, presi una gomma allo xylitolo per l'alito e mi precipitai all'edicola. Iniziavo a temere di dovere pagare la stanza e questo mi generava ansia. Un po' anche perché avevo fatto la bocca a una serata divertente, ma era proprio una questione di principio, anzi, di soldi! Niente. Per farla breve, Renata mi raggiunse e mi raccontò che doveva tornare subito in albergo, perché era uscita fingendo una commissione, ma aveva pochi minuti. Che la struttura diretta da suo marito era in ristrutturazione e che quindi lui era venuto qui. Che stanotte avrebbe dovuto dormire con lui nell'appartamentino padronale e che non poteva darmi la solita confidenza, perché non avrebbe potuto spiegarlo al consorte. Era evidente che avrei dovuto anche pagare il conto, visto che un normale cliente che vada via senza saldare, sarebbe stato troppo sospetto. Mi lanciò un bacio da lontano, e fece una faccina triste, mentre sgambettava veloce verso la sua destinazione. Io aspettai un po' e poi salii mesto verso quella costosissima camera. Ma intanto il mio cervello lavorava.

Mi feci una bella doccia che non costava niente, mi buttai, umido, sul letto a riflettere un po' e a cercare una soluzione agli imprevisti che si erano abbattuti sul mio programma. Forte di alcune idee che mi erano venute, mi vestii, uscii e continuai i miei ragionamenti, passeggiando per il viale che portava verso il centro. Pranzai fuori, con un panino, e infine tornai a prendere l'automobile per recarmi all'appuntamento con il cliente che avevo per le due del pomeriggio. Per il cambio turno alla reception delle 16, sarei tornato in albergo e, se avevo fatto bene i miei conti e qualcosa andava come speravo, non tutto era perduto per avere sia la stanza gratis, che Renata nel mio letto. Arrivai preciso pochi minuti prima del cambio turno. Mi sedetti su un divano della hall a fare finta di leggere il giornale, osservando la scena in cui Renata dava il cambio al marito come receptionist (quindi si era tenuta il solito turno. Bene!) e quest'ultimo le diceva che sarebbe salito in casa a riposarsi. Aspettai qualche minuto, dopodiché mi avvicinai al bancone con fare professionale, rivolgendomi alla signora, nel modo in cui qualsiasi cliente si rivolge a un desk con normali richieste. «Buonasera, signora. Avrei delle domande da rivolgerle». «Marco... Scusa, ma è un casino...». «Non ti preoccupare. Ascolta. Sai che sono qui per te e non ci rinuncio. Dimmi: tuo marito fa lo stesso turno anche domattina?». «Sì. Entra alle 8. Perché?». «Io domattina ho l'appuntamento abbastanza tardi, quindi possiamo stare insieme mentre lui è occupato qui, no?». Il volto di Renata si illuminò. «Lui si alza alle 7 e sta quasi mezz'ora in bagno. Io posso alzarmi con lui, dirgli che vado a correre, come a volte faccio e venire in stanza da te, mentre lui è al cesso. A quel punto siamo liberi di fare quello che vogliamo! Poi esco dal parcheggio sotterraneo, faccio il giro dell'isolato a corsa e rientro dall'ingresso principale, saluto Carlo, che sarà bloccato in reception e nessuno si accorge di nulla!». «Perfetto, vedi che tutto si aggiusta, bellezza?». Le sparai un occhiolino brevettato e sparii nell'ascensore, senza darle tempo di rispondere. Era mia. Come sempre. Cenai con un aperitivo a buffet da 6 euro, in un bar poco lontano e, alla fine della giornata, mi gettai tra le lenzuola, pregustando ciò che sarebbe successo la mattina dopo. Alle 7 e 10 minuti, Renata bussò alla mia porta. Entrò di corsa, con una espressione birichina, che stava d'incanto con gli short e la maglietta fluo attillata, che le donavano almeno dieci anni di meno. Mi spinse sul letto e ci rotolammo per almeno un'ora con più foga e più ispirazione di quanta ne avessimo mai usate prima di allora. Dopo questo round ci fermammo un po' a riprendere fiato e lei si accorse che avevo già rifatto la valigia. «Sei già pronto per partire?». «Beh, non posso rischiare di fare tardi all'appuntamento. D'altra parte questo incontro mattutino non era previsto, no?». «Non voglio certo che tu ritardi per colpa mia!». «Tranquilla, di tempo ne abbiamo. Anzi, vieni qua che non ho ancora finito con te. Bisogna essere sempre pronti a partire, così quando siamo già pronti, il tempo restante è tutto da sfruttare!». E mi buttai ancora su di lei, anche se non ne avevo più una voglia così impellente. Struccata, nuda e spettinata, non mi faceva lo stesso effetto di quando era in tiro, ma era tutto sommato passabile per il primo amplesso, mentre per il secondo ed oltre mi ci voleva un po' più di fantasia. Iniziai un po' di schermaglie, giusto per prendere tempo, mentre con la mano libera, azionavo il pulsante dell'allarme per S.O.S. sul tastierino vicino al comodino. Dopo pochi secondi irruppero in camera, Carlo, parte del personale abilitata al primo soccorso e anche qualche cliente curioso che li aveva visti passare di corsa e trovarono me e Renata avvinghiati e eccitati.

Il cornutazzo diede della puttana alla moglie con grida così alte che fecero accorrere le poche persone che ancora non erano arrivate, e quando questa fuggì, nuda e imbarazzata verso il proprio appartamento, Carlo si rivolse verso di me e con un aplomb da ottimo padrone di casa, ligio alle ormai famose “regole dell'hotellerie”, mi cacciò dalla sua struttura, intimandomi di non metterci più piede e senza creare il forte imbarazzo che la riscossione del conto avrebbe generato. Oggi ho perso Renata, ma soprattutto ho perso una buona base d'appoggio in quella città, ma credo che non tarderò a trovarne un'altra, magari con una situazione più desiderabile. In fin dei conti mi chiamo Marco, ho ventinove anni, faccio l'agente di commercio, viaggio molto per lavoro e non pago mai gli alberghi.




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